Quando penso a James Graham Ballard, realizzo quanto egli sia un autore imprescindibile. Scrittore prolifico, mente raffinata che godeva di grandi capacità previsionali, Ballard, più che scoperte scientifiche fenomenali, ci ha anticipato spesso nei suoi romanzi le tendenze future del comportamento umano. Dalla tecnopornografia di Crash e de La mostra delle atrocità, passando per la rivoluzione della classe media di Millennium People, per arrivare al romanzo in cui meglio si sono finora espresse la malattia del progresso e le concezioni moderne di felicità e ambizione come nevrosi che gli uomini sublimano in comportamenti violenti e antisociali.
Parlo ovviamente di Super-Cannes, uscito nel 2000 in Italia per Feltrinelli. L'inizio è semplice: in Eden Olympia, una località socialmente utopistica, accade una tragedia. Difatti, il dottor Greenwood, psicologo della comunità, una mattina decide di salire sul palazzo più alto e di ammazzare una decina di persone.
La domada è: cosa spinge uno psicologo a fare a pezzi gli abitanti di una pacifica comunità sulla Costa Azzurra?
Qualche giorno dopo Paul Sinclair, reduce da un incidente, e sua moglie Jane, chiamata a Eden Olympia per rimpiazzare il compianto dottore, arrivano in questa ridente quanto operosa comunità andando a occupare gli alloggi del medico ormai deceduto.
Il romanzo si muove tra sociologia e psicologia, mostrando quanto sesso, droga e violenza siano i fondamenti oscuri di ogni società complessa. Ballard non ci risparmia niente nelle descrizioni e sa essere impietoso come pochi nel tratteggiare la miseria della perfezione. Così, lungo queste direttive concettuali, Ballard muta i suoi personaggi, li fa evolvere pagina dopo pagina ribaltandoli, stravolgendo le loro vite per sempre, costringendoli a guardare negli occhi della società, sempre più simile a un impeccabile manager-giacca-cravatta-valigetta con la furia omicida di Charles Whitman.
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